VOUCHER:

ARRIVA IL LAVORO A CHIAMATA SEMPLIFICATO.

 

Il voucher nasce con l’intento di regolarizzare la retribuzione del lavoro occasionale, favorendo la regolarizzazione di mansioni troppo spesso legate al lavoro sommerso. Il campo di applicazione dei buoni lavoro al momento della loro comparsa (avvenuta nel 2003) era limitato, ma ha conosciuto nel tempo un consistente ampliamento (più precisamente con la legge Fornero del 2012) che ha indiscutibilmente portato lo strumento di retribuzione dei voucher ad un utilizzo sempre maggiore e spesso distorto: se inizialmente i voucher erano utilizzati esclusivamente per difendere le categorie di lavoratori considerati più deboli, si è finito con l’impiegare il sistema voucher in sostituzione ai rapporti di lavoro ordinari.

Tale uso distorto e talvolta smodato è stato, difatti, una delle cause fondamentali dell’abrogazione dei voucher avvenuta lo scorso 17 Marzo. Questa abolizione improvvisa, per la quale non è stato contemplato un periodo transitorio, ha lasciato un grave vuoto normativo riguardo alla regolarizzazione del lavoro occasionale ed accessorio che, in una realtà particolare come quella italiana, rischia di essere premessa di ulteriore lavoro nero.

Molti i settori gettati nello scompiglio dalla scomparsa dei buoni lavoro: l’agricoltura, il turismo, lo stewarding delle manifestazioni culturali e persino i pubblici servizi (colf/ badanti, insegnanti, lavoratori agricoli, guardiani e camerieri sono stati infatti costanti beneficiari di questo sistema) si son trovati improvvisamente sprovvisti di un istituto che tutelasse il lavoro occasionale. Tale lacuna è da considerarsi ancor più preoccupante in vista delle assunzioni stagionali dell’estate 2017 per cui si attendono chiare risoluzioni in merito alle modalità sostitutive atte a salvaguardare quegli episodi lavorativi che altrimenti potrebbero essere causa di lavoro sommerso.

Le risposte del Governo in merito alla formulazione di strumenti diversificati che soddisfino le esigenze eterogenee del lavoro occasionale sono però ancora troppo indefinite. L’incontro tra Governo e parti sociali sembra essersi comunque risolto nella volontà di formulare una nuova normativa entro il 15 maggio da mettere a disposizione di famiglie e piccole imprese.
Le alternative vagliate dal Governo per l’impiego occasionale sarebbero rappresentate dall’istituzione di buoni famiglia destinati, per l’appunto, alle famiglie e la riformulazione del contratto a chiamata per quanto concerne le imprese.

Il “contratto a chiamata” (altresì detto- “job on call” o “contratto a intermittenza”) è un istituto introdotto nel 2003 e poi modificato dal Jobs act. Le differenze tra contratto a chiamata e voucher sono molteplici: innanzitutto il contratto a chiamata, ad oggi, è applicabile solo a lavoratori con età inferiore ai 25 anni e superiore ai 55, comporta costi maggiori per le aziende a fronte dei 10 euro nominali dei voucher e prevede l’obbligo di assunzione con contratto stabile (full-time e a tempo indeterminato) nel caso in cui il lavoratore assunto superi le 400 giornate lavorative nell’arco di tre anni solari ( fatta eccezione per i settori del turismo, dello spettacolo e dei pubblici esercizi).

Alla luce dei vari limiti che il contratto a chiamata attualmente prevede, la totale rielaborazione e semplificazione di tale istituto diventa un’urgenza affinché diventi uno strumento efficace e funzionale che miri alla politica dell’occupazione e del mercato del lavoro per quelle mansioni che, con i voucher, venivano tutelate senza discriminazioni. Le intenzioni del Governo in merito sembrano essere quelle, appunto, di mantenere il tetto massimo delle 400 giornate lavorative dopo le quali vige l’obbligo di assunzione del lavoratore mentre ci sarebbe l’intenzione di istituire il lavoro a chiamata per tutti, senza alcun vincolo d’età.

Restano tuttavia perplessità in merito alla reale efficacia di questo istituto: il contratto a intermittenza potrebbe comunque rappresentare , infatti, uno specchio per le allodole in quanto, dati i presupposti attuali, non prevede alcuna tracciabilità del rapporto di lavoro per ciò che concerne i termini delle prestazioni lavorative e, comunque, comporta una spesa sensibilmente maggiore da parte dell’azienda che assume il lavoratore. Qualora il contratto a chiamata rappresenti la reale alternativa al voucher risulta improrogabile un restyling completo dell’istituto.
Nella ricerca di una valida soluzione, occorre che il Governo tenga ben presente la necessità di una celere definizione di una alternativa che risponda ai criteri di flessibilità, immediata fruibilità, semplice applicabilità e trasparente tracciabilità dello strumento contrattuale che si intenderà utilizzare per scongiurare il pericolo che alcuni rapporti lavorativi finiscano con il risolversi illegalmente a discapito della tutela dei lavoratori.

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